La costituzione della Società ha luogo all'interno di un contesto sociale ed economico generale in cui il Carnevale riveste un ruolo di primaria importanza nella celebrazione dell'espansione urbana delle città italiane ed europee interessate a incentivare come richiami turistici, in grado di generare indiretti ma significativi benefici economici, anche corsi mascherati pubblici e veglioni danzanti nei teatri o nei salotti della mondanità aristocratica-borghese. Città minori e paesi come Castelnovo di Sotto, che ospitava già dal 1810 una vera e propria Fabbrica di Maschere fondata da Prospero Guatteri, seppero valorizzare queste esperienze trasformandole in vere e proprie tradizioni che ancora oggi mantengono una grande vitalità. L'attività della Società per il Carnevale, alla quale tutti coloro che godevano dei diritti civili potevano aderire dietro il pagamento di una piccola somma, fu sostanzialmente volta all'organizzazione di corsi mascherati con carri, carrozze e maschere, che divennero in seguito veri e propri spettacoli a pagamento, anche per fare fronte all'insufficienza dei mezzi finanziari a disposizione della Società. Per risolvere il problema della mancanza di risorse economiche, fu inoltre istituita una nuova Società dedita alla beneficenza e alla ridistribuzione indiretta degli eventuali utili di gestione ottenuti con l'organizzazione del Carnevale.
Il genere di corso mascherato che si afferma nel XIX secolo ha, inoltre, origini cittadine e aristocratiche. Il modello è quello dei carri a preponderante connotazione scenografica e allegorica, che animavano nel Rinascimento le feste promosse per celebrare gli ingressi trionfali dei principi e i matrimoni regali e che assumeranno un ruolo centrale nelle manifestazioni carnevalesche della Firenze rinascimentale. Anche nelle forme che assumono nel corso del 1800 i festeggiamenti del Carnevale a Castelnovo di Sotto si trova l'affermarsi di elementi allegorici nella creazione dei carri, un'evoluzione probabilmente indotta anche dal cambiamento di estrazione sociale delle persone che partecipano alla loro costruzione, che sembrano provenire ora dai ceti più ricchi e istruiti. Una testimonianza di questa trasformazione è data dalla descrizione del corso mascherato del 1893, riportata sull' Italia Centrale del 16 febbraio, in cui si accenna a una Mascherata della Pace, allestita con gusto e finissimo senso allegorico, accompagnata dall'usanza, nuova per Castelnovo, di gettare fiori e dolci. Alla fine del XIX secolo il Carnevale di Castelnovo di Sotto inizia a diventare un appuntamento di riferimento per i reggiani e i paesi circostanti, anche se numerose Società di divertimenti, che organizzavano corsi mascherati, veglioni e rappresentazioni teatrali in varie abitazioni o luoghi eletti a teatrini sociali, iniziano ad essere presenti un po' ovunque nei paesi della provincia di Reggio Emilia.
Maschere e mascherate continuano ad animare i festeggiamenti del Carnevale nelle città e nei paesi del territorio reggiano anche nella prima metà del XX secolo, nonostante il controllo esercitato dalle autorità preposte alla tutela dell'ordine sociale che regolarmente emanavano il Manifesto per le Maschere, e le idee moralizzatrici in materia di divertimenti del socialismo riformista che si era affermato nei primi anni del 1900. L'obiettivo programmatico di base del movimento socialista era, infatti, quello della conquista dell'emancipazione economica da parte del popolo attraverso il possesso degli strumenti culturali. Tutto ciò che poteva distrarre dallo studio, compresi quindi i divertimenti connessi ai festeggiamenti del Carnevale (corsi mascherati, festival, lanci di coriandoli, etc.), era visto in maniera negativa, come manifestazioni di sperpero inopportuno di fronte alla povertà in cui versava la maggior parte della popolazione. In realtà, proprio in queste manifestazioni è possibile ritrovare uno dei caratteri propiziatori fondamentali del Carnevale:
Con l'avvento del Fascismo, e fino alla sua caduta, la Prefettura di Reggio Emilia emanò ogni anno il divieto dell'uso della Maschera durante il Carnevale. In queste prescrizioni, ciò che in realtà veniva proibito era l'esibizione di maschere e di travestimenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Queste interdizioni erano rivolte contro i privati. Ne erano, infatti, esonerati i gruppi organizzati di derivazione fascista, come, a Castelnovo di Sotto, la Società della Fiamma, il cui marchio recava la scritta Danze – Teatro – Sport – Carnevale, e l' Opera Nazionale Dopolavoro, che organizzava Corsi Mascherati a scopo di beneficenza. La politica fascista cercava, infatti, di organizzare il consenso delle masse attraverso una serie di associazioni "apolitiche", ma fiancheggiatrici del Partito, incaricate di organizzare feste popolari, a carattere folcloristico e in gran parte inventate (come a Castelnovo la giornata del fiore o la Festa dell'Uva), che avevano una funzione di compensazione rispetto ai divieti del regime. A partire dagli anni Trenta del XX secolo i festeggiamenti del Carnevale diventano spesso una tranquilla attività di beneficenza per le signore dei fasci femminili. Con il Fascismo, infatti, trionfa una cultura pervasa di perbenismo e di "buoni sentimenti", attenta alle apparenze e al moralismo di maniera, che era già presente in Italia tra fine Ottocento e primo Novecento. A tutto ciò si aggiunge la censura politica: lo spazio lasciato al dissenso si esauriva in una battuta di spirito, una barzelletta graffiti dissacratori sui muri del Paese. La maschera doveva avere un significato allegorico e non politico. Dai componenti creati per il Carnevale dovevano essere eliminati tutti gli intenti satirici e comici. Da celebrare erano invece l'ingegno umano e le più grandi conquiste del secolo (come la macchina a vapore, il telegrafo e i grandi interventi in grado di vincere le forze naturali). Durante le manifestazioni del Carnevale era vietato qualsiasi tipo di lancio. Nonostante i divieti, l'antico spirito del disordine e della trasgressione, proprio della natura di questa festa, continua ad emergere a Castelnovo: nel significato speciale di allegorico che assumeva la costruzione dei carri; nella presenza di una satira popolare ingenua, ma acuta, non politica, ma personale, attenta soprattutto a ciò che è vicino e presente; nelle burle messe in atto non tanto per far ridere, ma per difendersi dal potere, come nel più antico spirito di Bertoldo.
Nel 1946 nasce a Castelnovo di Sotto il primo Comitato per il Carnevale, che si occuperà, quasi ininterrottamente, fino al 1977, anno di costituzione dell'attuale Società Cooperativa "Il Carnevale", dell'organizzazione delle sfilate dei carri allegorici, costruiti dalle diverse scuderie. Fra le prime: la Verdi, la Sintomo, la Novella, la Pagoda, la Belvedere, la Maestrina e Montecarlo. Al primo Corso Mascherato del dopoguerra partecipò però un unico carro, dal titolo Intervento chirurgico su Sandrone. Già nel 1947 i carri erano due. I carri non erano ancora costruiti in cartapesta, ma in ferro, paglia, stracci. Si lavorava al freddo, sotto i portici delle case coloniche, in gran segreto perché i "rivali" non venissero a conoscenza delle nuove creazioni carnevalesche. Lazzi e "lanci" di cioccolatini, confetti, caramelle, intrigoni e arance animavano i corsi mascherati e ad ogni carro era collegato un "lancio" specifico di leccornie. Nel 1948, nella costruzione di alcuni elementi dei carri inizia timidamente a comparire la cartapesta, la cui lavorazione fu appresa sia attraverso l'insegnamento diretto da parte di alcuni maestri viareggini che furono chiamati in Paese, sia attraverso l'imitazione di maschere già usate nel Carnevale di Viareggio che furono acquistate dai promotori del Carnevale di Castelnovo. A causa della costante mancanza di soldi, nella costruzione dei carri, che dal 1952 non saranno più trainati da buoi o cavalli, ma da trattori, fra i materiali prevalentemente usati vi era ancora il legno, che spesso ci si procurava tagliando in maniera illegale, proprio come nell'Ottocento, i pioppi piantati sugli argini della Bonifica. Dal 1955 al 1968 la realizzazione dei Corsi Mascherati subì un arresto, dovuto alla presenza di dissapori interni all'organizzazione e al fatto che l'alto costo della costruzione dei carri non era ricompensato dagli incassi e dai premi. La ripresa dei tradizionali Corsi Mascherati si ebbe nel 1969. Nel 1972 il Comune di Castelnovo mise a disposizione del Comitato, costituitosi per organizzare i festeggiamenti del Carnevale, un'area sulla quale costruire due grandi capannoni, dove riprese, in modo sociale e condiviso, la costruzione dei carri. Una nuova modalità che portò, nel 1977, alla costituzione dell'attuale Società Cooperativa "Il Carnevale", che esprime nello Statuto i propri principi e scopi. Composta da soci suddivisi nelle scuderie impegnate ogni anno nella realizzazione di carri allegorici e di mascherate, la Cooperativa "Il Carnevale" è basata sul volontariato ed è retta da un Consiglio che elegge annualmente il Consiglio di Amministrazione.
Le creazioni delle Scuderie, che animano le principali domeniche del Carnevale, sono distinte, come da regolamento della Cooperativa, in due categorie principali, carri giganti e mascherate giganti, che gareggiano per la conquista del titolo di miglior realizzazione. La vincita del Gonfalone è invece riservata solo ai carri di prima categoria.
a famiglia Guatteri si stabilisce a Castelnovo di Sotto già nel XVIII secolo, proveniente da Reggio Emilia. Per tutto il ‘700 e l'800, gli esponenti di questa famiglia si distinguono non solo come artigiani del legno, intagliatori, decoratori, indoratori, pittori in senso lato, autori di pregevoli opere, ancora in parte conservate in chiese e sagrestie, ma anche come animatori delle locali mascherate, fabbricatori di maschere e creatori di carri allegorici, scenografie, apparati pirotecnici e macchine teatrali.
Prospero Antonio Guatteri (1783-1861), nato a Castelnovo nel 1783 da Giovanni Guatteri e Rosalia Giuberti, è il vero e proprio precursore dell'importante dinastia di costruttori di maschere, anche se in un documento dell'Archivio di Stato di Reggio Emilia, il nome Guatteri è già presente nel 1790. Il periodo in cui la fabbrica avvia la propria particolare produzione si presenta particolarmente propizio per le attività economiche, nonostante il blocco continentale posto dagli Inglesi per contrastare il dominio di Napoleone. Questa favorevole condizione non si ripresenterà, invece, con la restaurazione estense, che sosterrà le ideologie agrarie conservatrici e boicotterà tutte le attività industriali non direttamente collegate ai tradizionali cicli di trasformazione dei prodotti della terra. Nonostante le restrizioni in materia economica, in alcuni documenti d'archivio del 1835 e del 1836, il nome di Prospero Guatteri appare associato alla richiesta di un passaporto che potesse permettergli la libera circolazione nella provincia di Mantova, insieme ai due figli Francesco, di quindici anni, e Luigia, di venticinque, per poter svolgere la professione di fabbricatore di maschere. Nel 1840, per affari di sua professione, Prospero Guatteri ottiene, invece, un foglio di via per Parma.
Nelle relazioni economiche ufficiali redatte a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, la struttura operativa della fabbrica nel corso degli anni non appare sostanzialmente mutata. Si configura ancora come attività artigianale, a conduzione prettamente famigliare, anche se, di fatto, rappresentava una delle poche attività attive a Castelnovo di Sotto che impiegava manodopera in numero relativamente considerevole: nel 1892 l'impresa dei Guatteri viene descritta come fabbrica di volti per maschera con un numero di operai pari a 7. La maggior parte delle persone impiegate nella creazione delle maschere erano donne, scelte, con ogni probabilità, per le doti di precisione manuale che potevano offrire. I componenti della famiglia Guatteri partecipavano direttamente e attivamente alle diverse fasi di fabbricazione che, nel corso dell'anno, potevano richiedere da un minimo di quattro a un massimo di trenta persone.
Negli anni Venti, la politica protezionistica attuata dal governo Fascista, che porterà alla perdita di competitività delle industrie italiane all'estero, i privilegi concessi all'industria monopolistica a scapito delle piccole imprese, e l'intensificarsi di decreti che limitavano o proibivano l'uso delle maschere, avranno ripercussioni anche sull'attività dei Guatteri, che cesseranno la produzione di maschere nel 1933. Nel 1944 gli stampi utilizzati nella realizzazione delle maschere vengono venduti alla ditta "Mascherificio Italiano Cervi & C." di Fornovo di Taro, ma ogni tentativo di riprendere l'attività dei Guatteri risulterà vano, soprattutto per l'irrimediabile dispersione del patrimonio tecnico-professionale originario e per il profilarsi già nel primo dopoguerra, di nuovi gusti estetici, costumi e abitudini che mutano il mercato tradizionale di questi beni.
L'importanza assunta negli anni dalla fabbrica dei Guatteri nell'economia del Comune di Castelnovo di Sotto e della Provincia di Reggio Emilia, all'interno del proprio settore, deve essere attribuita non solo all'alta qualità dei propri prodotti, ma anche all'esportazione dei manufatti, fin dall'inizio dell'attività, in diversi paesi europei (Svizzera, zone d'oltre Brennero, Tirolo tedesco, Francia), all'interno di un quadro economico italiano generale di fine Ottocento - inizio Novecento che favoriva gli scambi con il resto d'Europa. In seguito allo scoppio della Prima Guerra Mondiale questi rapporti commerciali subirono una forte battuta d'arresto. Questa congiuntura sfavorevole permise, tuttavia, ai Guatteri, di dimostrare la propria dinamicità e capacità di adattamento, orientando le proprie esportazioni ai mercati americani, all'interno dei quali il prodotto voluttuario dell'impresa castelnovese riuscì a conquistare una buona posizione.